Napoli, quando la scuola produce analfabetismo
Dispersione e semievasione: una realtà peggiore dei dati ufficiali

di UGO PISCOPO  (per la biografia clicca a fianco: http://www.prolocopratolaserra.org/ugo_piscopo.htm  )

(Articolo pubblicato sul "CORRIERE  DEL MEZZOGIORNO" del 20 aprile 2007 (pagina 20) 

 

Urge discutere della produzione di ignoranza e di analfabetismo a Napoli a opera della scuola. Su questo terreno, la questione principe è quella della dispersione scolastica.  Di cui si parla, si scrive, si legifera, ma quasi sempre è intesa e risolta male, anzi malissimo.  Il motivo è semplice: è che si parte sempre dalla coda e non dal capo e si considera il problema in senso settoriale.  Lo si tratta, infine, con terapie che sono sintomatiche e non curano la causa, magari, investendo anche molto in risorse materiali e aspettative, per ottenere in ultimo un flop.

In genere, si parte dalle statistiche, le quali attualmente dicono che in Italia i senza titolo di studio sono il 6,8%, i senza licenza elementare sono il 26,4%, i possessori di sola licenza media sono il 31,7%.  A Napoli, la situazione non si discosta molto da quella nazionale.  Ma, quando si è detto questo, non si è detto un bel niente, anzi si è detta una menzogna.  Perché i dati in querstione non sono granché attendibili.  In Italia, nonostante la gran mole di lavoro svolto dalle singole scuole, soprattutto dalle segreterie, esistono i dati, a livello centrale e a livello periferico, ma mancano criteri scientifici.  Si hanno dati sicuri solo per l'Emilia, per alcune città toscane, per Torino, altrove si naviga a vista.  Di ciò ci dà informazioni un esperto, Marco Rossi Doria, uno degli ispiratori del Progetto "Chance", che adesso è distaccato presso il ministero dell'Istruzione per collaborare sia all'istituzione di un'anagrafe nazionale della dispersione, sia al progetto dell'innalzamento dell'obbligo ai sedici anni di età, previa revisione della legge Moratti.

Ora, mettiamo pure che quei dati siano credibili, essi direbbero una minima cosa, perché, per ogni allievo che risulta ufficialmente evasore, ce ne sono altri quattro o cinque, che sono semievasori: stanno con un piede dentro e uno fuori della scuola, intanto ufficialmente vengono inquadrati nella normalità.  Senza considerare che spesso la scuola funziona in maniera evasiva, non solo quando è in connivenza con i semievasori, ma soprattutto quando nasconde la verità, quando manda avanti allievi che in ultimo si diplomano da quasi analfabeti.  Come risulta  dai check-up curati da istituti internazionali, dove gli studenti italiani diplomati non fanno una bella figura.

Una prova  irrefutabile dell'evasività della scuola a Napoli e nel Sud è costituita da quella che con brutto termine viene detta la mortalità scolastica nei bienni delle secondarie superiori.  La media , infatti, degli alunni che, dopo la licenza media, si iscrivono  agli istituti superiori e non riescono ad integrarsi, è del 23% .  Gli istituti, dove più alto è il massacro, sono i professionali, dove pure si investe moltissimo in progetti finanziati da Roma o dall'Europa.  Qui la media della dispersione è del 33% .  Ciò deriva dal fatto che nel Sud, a differenza dal Nord, agli istituti professionali ci si iscrive prevalentemente per selezione negativa, ma dipende molto dal mancato possesso di preparazione che invece la scuola inferiore certifica raggiunta dai propri allievi.

Che fare?  Ce lo dice Cesare Moreno, che ha dedicato la vita, insieme con Rossi Doria, al recupero dei ragazzi che hanno abbandonato la scuola ( o che la scuola ha abbandonato? ). Bisogna fare una scuola che istruisca e formi in situazione, che aiuti gli allievi a riconoscersi e a entrare in relazione positiva con se stessi, con gli altri e con l'ambiente, a scoprire in sé quello che di buono c'è.  E in ognuno di noi c'è un po'  di eccellenza.